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Musica in corso 2013

XL VERSION
Accademia Verdiana di Officine Musicali – Tributo a Giuseppe Verdi
Fabrizio Vendramin – Action Painting
Bluedust - Bluegrass
Bone’s Band – R&B Funky Jazz
Alberto Pinelli & Giuseppe Emmanuele Quartet – Milan l’è un gran Milan

Ale Riva - Presentatore

Dopo aver fatto decantare l’entusiasmo che ci ha preso tutti bisogna riconoscere che questa edizione di Musica in Corso non è stata quella dall’offerta più completa e variegata nei generi musicali e umani (come dimenticare i bravissimi T-Roosters di Tiziano Galli? O l’indimenticata Malika Ayane quando non era ancora Malika Ayane ma era amica del collega di Dario) ma è stata sicuramente quella più di qualità. Segno di un lavoro meticoloso di cernita e amore per il dettaglio. Le numerose corali che col “Tributo a Giuseppe Verdi” hanno visto oltre 150 coristi sul palco avevano tra gli artisti dei professionisti del bel canto che hanno di fatto dato il timbro e probabilmente anche il tono alla espressione musicale, senza nulla togliere al valore di titolate corali ivi presenti.

L’ouverture col “Và pensiero” tratto dal Nabucco e diretta da Dario Monticelli ha scaldato i cuori ma è poi la perizia di Vincenzo Cammarano, che ha diretto il coro fino alla fine, che ha creato il valore dell’intera serata, sempre con quelle sue occhiate di regia e a volte con perentorie manate sullo spartito ad indicare il giusto attacco. La sequenza verdiana di gran respiro e sostenuta da un preparato e attento Corpo Musicale “San Marco” di Origgio è stata quindi, dopo l’ouverture: “Questa o quella” cantata dal tenore nel Rigoletto, “Oh Signore dal tetto natio” da I Lombardi alla prima crociata, inno marcia e danze dall’Aida del finale secondo atto, “Libiam dei lieti calici” da La Traviata e cantata da Giovanni Di Stefano e Loretta Carrieri, “Vedi le fosche” da Il Trovatore. Le esecuzioni verdiane hanno lentamente introdotto il pubblico presente in sala una atmosfera ottocentesca, complice le letture recitate, da un giovane e bravo attore, Pietro Antonazzi, e intervallate delle lettere di Verdi agli amici in cui tratteggiava, descriveva, argomentava e ambientava le opere che via via stava componendo.

A qualcuno sarà venuto in mente una recita come tante, a qualcun altro la nostalgia di un tempo in cui l’Italia oppressa dagli Austriaci si trovava unita e determinata a darsi un suolo patrio che non aveva e un governo finalmente suo e dei suoi figli migliori. Gradevoli eventi contemporanei sono stati quelli di Fabrizio Vendramin con le sue painting in action fatte nel tempo di un canto. Così Vendramin si è esibito una volta con ritratto di Verdi sulle note dell’Aida e poi ancora, più in là nella serata, con ritratto di Enzo Jannacci sulle note di “Ci vuole orecchio” eseguita a sorpresa dal poliedrico conduttore della serata, Alessandro Riva, un ingegnere prestato con successo all’arte che ha saputo intrattenere e divertire il pubblico con battute e parlata milanese.

Questo mix contemporaneo di arti che si esprimono allo stesso tempo è una bella invenzione presente fin dall’inizio di questa manifestazione, così come il mix di generi musicali non necessariamente affini. Gradevole è quindi stato l’intervento successivo della band Bluedust con Perry Meroni, Dino Barbè al banjo, Josh Villa voce e mandolino, Tony Spezzano voce e chitarra, Marco Centemeri voce e contrabbasso. Perry caleidoscopico, voce e memoria storica di questa band ha fatto sentire una passione veramente notevole al pubblico mentre Josh, monzese doc, ha fatto da collante tra i brani diversi, all’orecchio attento, tra loro per periodo e caratteristica.

La band ha portato in sala musiche del genere BlueGrass, nato negli anni 40 del 900 nel Kentucky (Stati Uniti d’America) ma che poi per la sua sonorità e ritmo si è ben presto diffuso in tutto il mondo, tanto è vero che anche in Italia abbiamo tanti estimatori e band innamorate di questa musica. Sono seguite le sonorità dei tromboni a coulisse della Bone’s Band diretta da Humberto Amesquita che si è esibita in una rassegna di Blues, R&B e Jazz anche se l’anima jazz pura del gruppo non ha aspettato molto a rivelarsi. Notevole l’esibizione di Corrado Sanbito al sax che ha mostrato forza e creatività.

La chiusura è stata di Alberto Pinelli & Giuseppe Emmanuele Quartet che ha portato in scena un concerto-cabaret in dialetto milanese grazie alle doti recitative di Pinelli che non solo ha saputo tenere alta l’attenzione su un genere che poteva risultare di seconda classe dopo le band che abbiamo visto ma ha anche creato un interesse di approfondimento per un modo di esibirsi che nel suo caso è senza alcun dubbio virtuoso. Un doveroso intermezzo è stato creato per spiegare cosa fa l’Associazione Hermano Pedro per il sostegno ai bambini del Guatemala e come si è creato questo lodevole sodalizio ormai tradizionale tra questa associazione e Officine Musicali. Dovendo dire in due parole sull’evento complessivo dobbiamo soffermarci questa volta sull’organizzazione. Il Direttivo di Officine Musicali ha ancora una volta dimostrato tutta la passione e l’amore verso la nostra Uboldo. La gente l’ha capito ed era per questo che la sala era gremita. Un plauso va quindi a questa sensibilità e alla attenzione e alla perizia con cui ogni anno vengono scelte le proposte. Mai una scelta difficilmente accessibile, mai una proposta banale, sempre un mix studiato per la gente che Officine Musicali ormai conosce molto bene.

Angelo Leva