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Addio a Maurizio Pollini

È morto Maurizio Pollini, una delle leggende del pianoforte del Novecento. Aveva 82 anni

Artista schivo e riservato, sommo innovatore dell’interpretazione alla tastiera, Pollini è stato un artista audace e coerente

Se n’è andato Maurizio Pollini. Il suo cuore palpitante di musica, bellezza, impegno civile, si è fermato sabato mattina all’alba. Aveva compiuto 82 anni lo scorso 5 gennaio. Uno dei più grandi pianisti dei nostri tempi, acclamatissimo sulle principali ribalte internazionali, ci ha lasciati. Un addio sereno accanto all’amatissima moglie Marlisa e al figlio Daniele, dopo un calvario di malattia e sofferenza che negli ultimi due anni l’aveva costretto a cancellare ogni impegno. La prima avvisaglia al Festival di Salisburgo del 2022, un malore improvviso poco prima di entrare in scena. Ma poi si era ripreso, deciso a tutti i costi a non arrendersi, a tornare all’amato pianoforte, sua prima ragione di vita. Qualche concerto, alla Scala, a Londra, con la passione di sempre unita a una visibile fatica nell’affrontare l’esecuzione. Che, fino a poco prima del declino, era rimasta un esempio di luminosità e trasparenza, diventando via via sempre più rarefatta, capace di spingersi oltre la soglia della perfezione, fin nell’empireo del sublime.

Enfant prodige della tastiera, era nato a Milano in una famiglia della borghesia intellettuale: il padre, era l’architetto Gino Pollini, nome autorevole del razionalismo del Novecento, la madre Renata Melotti musicista, figlia dello scultore Fausto. Maurizio rivela le sue doti pianistiche fin da bambino, allievo di Carlo Lonati e Carlo Vidusso, si diploma al Conservatorio di Milano, nel 1960, a 18 anni, vince il prestigioso Concorso Chopin a Varsavia, lodato persino da Arthur Rubinstein che in lui aveva riconosciuto un talento straordinario «quel ragazzo suona meglio di tutti noi». Entusiasta anche il musicologo Piero Rattalino che esclamò: «O diventerà il più grande pianista del mondo o finirà in manicomio». Per fortuna sua e nostra si avverò la prima opzione. Chopin resterà sempre un cardine del suo repertorio accanto all’amatissimo Beethoven di cui eseguì alla Scala nel 1995 l’integrale delle Sonate, registrata anche più volte, soffermandosi sempre sulle ultime tre, per lui così coinvolgenti da non ritenere di averle mai esplorate abbastanza. Ma accanto ai grandi autori della classica, Pollini ha frequentato con curiosità inesausta anche la musica del Novecento, la cui promozione gli stava particolarmente a cuore. Dalle avanguardie storiche di Schoenberg e Boulez, fino a Luigi Nono, a cui fu legato da amicizia fraterna, e interprete di alcune impervie partiture, da Como una ola de fuerza y luz a … sofferte onde serene… scritta dal compositore veneziano proprio per lui.

Fonte Corriere della Sera